Il Menestrello del Pallone - L'estate sta finendo ...
L’estate sta finendo, recitava uno dei tormentoni che hanno accompagnato la mia, ahimè lontana, giovinezza, e il calcio sta cominciando a prepararsi per la stagione che tra una quarantina di giorni, o giù di lì, ci vedrà tornare a frequentare da giocatori, da tecnici, da dirigenti, tifosi o operatori della comunicazione, le superfici generalmente verdi di campi da gioco o dei parquet dei palazzetti dello sport.
Siamo in piena “campagna
acquisti”. Giocatori che si propongono o che vengono cercati, allenatori che
presentano progetti, molte volte legati a sponsorizzazioni che talvolta mettono
in seconda battuta le qualità effettive del tecnico. Quello che fa sorridere è
che anche piccole realtà di provincia, scimmiottano talvolta i grandi club professionistici,
dimenticando che, soprattutto nei piccoli centri, il calcio a cinque può
rappresentare non solo un momento di aggregazione, ma può identificarsi nella
comunità locale divenendo uno straordinario elemento di crescita e di
promozione del territorio e un valore aggiunto per chi vi vive e vi opera.
Mai come oggi, e lo dico da insegnante e educatore di
professione, c’è bisogno di realtà che coinvolgano in maniera diretta le nuove
generazioni e che vadano oltre il mondo dorato e falso del virtuale. La vita va
affrontata come una partita di calcio, come diceva Churchill di noi italiani,
guardando le persone negli occhi, talvolta con il fiatone, la puzza di sudore e
le ginocchia sbucciate, ma condividendo quei valori che solo lo sport può
regalare. Sembra banale, ma si può parlare e comunicare con altre persone anche
senza la mediazione dello strumento elettronico e questo, che per noi dinosauri
rappresenta l’ovvietà, non lo è per chi nasce già con lo smartphone nella
culla.
Dobbiamo tornare alla gratuità degli inizi e non lo dico con
l’attaccamento al passato tipico di chi vede avvicinarsi sempre più il momento
del game over, ma con uno sguardo ben orientato al futuro. Il calcio nasce come
sport “povero”. Semplice nelle regole, fluido nel numero dei giocatori,
giocabile su praticamente tutte le superfici, usufruendo di uno strumento che
negli anni è passato dalla palla di stracci al pallone ipertecnologico con
microchip incluso, passando per il “supertele”, spessissimo bucato e riparato
con il coltello arroventato sui fornelli della mamma, e perfino alla bottiglia
di plastica che l’unica cosa che ha di comune con la palla è il fatto di essere
presa a calci e indirizzata verso la porta. E poi, a pallone, devono poter
giocare tutti, poveri e ricchi, grassi e magri, belli e brutti, dotati e
scarsi. Solo se giochiamo tutti, può uscire il campione, allenato a giocare in
mezzo alla strada, a destreggiarsi con sfere imperfette, a dover passare il
pallone a chi corre velocissimo e a chi si impiccia con i piedi. Oggi a calcio
gioca chi se lo può permettere, chi può pagare quote importanti quanto la rata
di una utilitaria, chi può acquistare un kit da Champions League.
Ci siamo inventati le “lezioni individuali” in uno sport di
squadra. Potenza di una logica sempre più mercantile e sempre meno sociale.
Qualcuno potrebbe obiettare che tutto ha un costo e avrebbe
ovviamente ragione. Ma è compito di una comunità civile, garantire i diritti
fondamentali ai propri cuccioli, dalla scuola, al futuro lavoro, alla salute, allo sport.
Giovani che fanno sport portano (lo dice la FIGC nei suoi report annuali) a un
considerevole risparmio sui costi sanitari presenti e futuri che tutti noi
abbiamo sulle spalle, ad una significativa azione di contrasto all’uso delle
droghe, al consumo dell’alcool, alla battaglia contro la micro e macro-criminalità.
Questo risparmio sul piano sociale va rinvestito sullo sport e sul calcio in
particolare, che ne rappresenta l’aspetto più diffuso e praticato.
Qualcuno dice di dover affrontare il calcio come se fosse
una azienda. Io preferirei che fosse inteso come comunità, dove il collante non
sia rappresentato dall’aspetto economico, ma dai valori che riesce a
condividere. Passione, volontariato, gratuità, valori. Riappropriamoci di tutto
questo e riusciremo perfino a vincere altri Mondiali. O, quantomeno ….. a
parteciparvi!
Marco Giustinelli
Giornalista e Scrittore ... innamorato del pallone!

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